Di ambienti virtuali condivisi, Metaverse e SocialVR…

Enrico Speranza
4 min readNov 2, 2017

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Una grande antropologa italiana scriveva in un suo libro: “Tutto è stato già detto ed anche meglio!”. Mai profezia fu più vera e l’immagine riportata lo dimostra. Con l’avvento dei primi sistemi in Realtà Virtuale si pensò immediatamente di condividere l’ambiente tra più utenti per comunicazione ed a scopo educativo. “Concurrent Virtual Environment”: Ambiente Virtuale Concorrente, così venivano denominati e come possiamo intuire avevano più o meno tutte le caratteristiche che oggi ha una piattaforma come Facebook Spaces.

Si è dovuto tuttavia attendere il 2008 per avere una definizione che abbia un minimo di riscontro e che è stata riconosciuta come valida dalla maggior parte dei ricercatori:

A synchronous, persistent network of people, represented as avatars, facilitated by networked computers.

https://www.scss.tcd.ie/publications/tech-reports/reports.13/TCD-CS-2013-10.pdf

In questa definizione, se pur contestata da alcuni, ritroviamo i tre elementi cardine per un ambiente virtuale condiviso:

  1. Connectivity
  2. Persistence
  3. Identity

Vediamoli brevemente.

Connettività: si intende la capacità stessa di Internet come Rete di reti. L’avvento del TCP/IP e delle relative tecnologie hardware e software hanno portato un cambio di paradigma generale che è ormai indiscusso. Siamo arrivati al punto in cui anche piccole reti locali non possono praticamente esistere nell'immaginario collettivo, ed ogni servizio pur dovendo arrivare al nostro collega di stanza transita e rimbalza attraverso qualche server in Internet. Lo stesso deve essere per un sistema multi utente in VR.

Persistenza: Questo termine è davvero molto importante e denota una sostanziale differenza tra un gioco ed un Metaverse. Un qualsiasi gioco è generalmente incentrato sulla partita. I dati siano essi punteggi o la posizione della propria armatura sono fissi per il tempo necessario alla svolgimento della partita, allo scadere della quale tutti i valori vengono riconfigurati per un nuovo giocatore. In un mondo virtuale immersivo tutto deve “imitare” la realtà, pertanto se muovo un oggetto questo diventerà parte integrante del sistema e resterà immutabile fino alla sua possibile modifica da parte di un altro utente o di qualche altro fenomeno simulato. E’ un modello abbastanza preciso di quanto siamo abituati a “capire/ragionare” della realtà che ci circonda. Come avrebbe detto il mio Prof. di Fisica “tutto va come se” nella nostra quotidianità posassimo una penna sul tavolo e avremmo la ragionevole probabilità di ritrovarla al suo posto anche dopo essere usciti dalla stanza per poco tempo. Un semplice modello mentale che ci fornisce comunque una griglia interpretativa che cataloga “Facebook Space” e “Rec Room” fuori dall’ambito dei mondi virtuali immersivi. Al contrario “Sansar” ed “High Fidelity” rientrano perfettamente nella definizione. E questo spiega il perchè: se chiedete ad un giocatore di RecRoom, vi dirà che lo conosce, chiedete di “HighFidelity” e troverete la famosa “lavagna bianca”.

Identità: Il termine “Avatar”, come ormai molti sanno, proviene dal sanscrito “ Avatāra”, ovvero la “discesa in” un modello digitale della propria persona, la rappresentazione tridimensionale nello spazio simulativo del proprio personaggio. Mai termine fu più indicato dato che come per il dio Visnu, molti utenti non sempre scelgono Avatar antropomorfi. Anzi credo che sia molto indicativo il fatto che quasi tutti i moderni “SocialVR” non permettano di scegliere fattezze non umane. Questa volontà di seguire e perseguire solo e soltanto i possibili “consumatori” fa perdere parte di quella “cultura” degli avatar che dava agli utenti la possibilità di rappresentarsi come un pesce o magari come un “Fury”. In ogni caso esistono ricerche e studi che dimostrano come anche avatar appena abbozzati vengano comunque ritenuti sufficienti per un’identificazione utile all’interno della simulazione condivisa.

Il problema più grave tuttavia è che alcuni scambiano questa definizione come la ricetta per avere un Mondo Virtuale popolato da molti utenti e quindi spendibile in termini economici in qualche maniera.

Come questi link dimostrano, la VR in ambito social e quindi in generale i mondi virtuali immersivi, stanno avendo pochissimo successo. La definizione /ricetta non sembra funzionare: “Dove sono tutti quanti?” si domanda l’articolista facendo il verso alla famosa domanda di Fermi sugli alieni. Ed effettivamente le statistiche parlano chiaro:

http://vrlfg.net/charts?id=471710

Stiamo parlando di circa 200 utenti per RecRoom che è considerato il SocialVR (non un Metaverse) più conosciuto e soprattutto ritenuto dai giocatori un gioco divertente.

Ci viene quindi spontaneo domandarci: è utile continuare ad investire risorse in un ambito che gli utenti non stanno minimamente considerando? La mia risposta personale è quella di abbandonare quell’universo fatto di parole come ROI, SEO, “Costumer Engagement” e perseguire nella propria idea. Ovviamente pensando bene alla possibilità che un sogno possa anche rimanere tale. E domandiamoci comunque: anche avere poche centinaia di utenti significa aver fallito i propri propositi?

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